lunedì 28 novembre 2016

introduzione

Come gli atleti e quanti praticano esercizio fisico si preoccupano non soltanto di mantenersi in forma e di allenarsi, ma anche di concedersi al momento opportuno un po' di riposo (lo ritengono infatti un momento essenziale della loro attività), ugualmente - io credo - anche chi svolge un'attività intellettuale, dopo una lettura prolungata di libri seri, deve rilassare la mente in modo da renderla più pronta in vista delle fatiche che verranno.
Questa pausa, poi, sarebbe sfruttata al meglio se si dedicassero a un genere di letture in grado non soltanto di offrire il fascino derivante dall'ironia e dal tono brillante, ma anche di coniugare l'utile con il dilettevole; e questo, spero, si penserà della mia presente composizione. Spero, cioè, che costituirà motivo di attrazione per un simile pubblico non soltanto la stranezza dell'argomento o l'armonia dell'impianto narrativo, tantomeno il mio modo di presentare bugie stravaganti in una forma credibile e verosimile, ma il fatto che ognuna delle cose che descrivo è una «frecciata» destinata a coprire di ridicolo certi poeti e storiografi e filosofi del passato che hanno messo insieme e scritto una quantità di favole mirabolanti; tutta gente che nominerei, anche, se a chiunque le allusioni non risultassero chiare alla semplice lettura. Ad esempio Ctesia, figlio di Ctesioco, di Cnido, ha scritto sull'India e sugli usi e costumi degli Indiani cose che non aveva visto con i suoi occhi né aveva sentito dire da altri testimoni attendibili. Anche Iambulo ha scritto mille storie assurde sull'Oceano: certo ha costruito solo un castello di bugie da chiunque riconoscibili come tali, ma ne è uscita, nonostante questo, un'opera piuttosto gradevole.
Molti altri ancora hanno scelto la stessa strada già battuta da questi che ho citato: hanno stilato il resoconto di certi loro viaggi e peregrinazioni immaginarie, descritto belve gigantesche, uomini ferocissimi e usi e costumi di vita assolutamente mai visti prima. Il capostipite di questa numerosa famiglia e il maestro per eccellenza in una simile arte della ciarlataneria è l'Ulisse omerico, che ha raccontato ad Alcinoo e alla sua corte di vènti prigionieri, di uomini con un occhio solo, cannibali e selvaggi, e ancora di animali dalle molte teste e di compagni trasformati per opera di filtri magici (le fanfaronate, insomma, che ha propinato senza risparmio a quei poveri ingenui dei Feaci). Nel leggere, dunque, tutte queste stramberie, non ho potuto biasimare troppo gli autori per le loro bugie, perché so che ormai questo andazzo è generale, anche tra gli uomini di alta cultura: mi sono però stupito che potessero credere di farla franca pur scrivendo falsità su falsità. E così anch'io nel desiderio di lasciare - per vanità naturalmente - qualche messaggio ai posteri, per non restare il solo privo della sua parte di libertà assoluta nell'inventare favole, siccome non avevo nessun avvenimento reale da descrivere - purtroppo non mi è mai successo niente che meriti di essere raccontato - sono ricorso al falso, ma a un falso molto più onesto di quello dei miei predecessori, perché almeno in una cosa sono sincero: dichiaro ad alta voce che mento. Con questo sistema, con l'ammettere io stesso di non dire niente di vero, penso di poter scampare al biasimo altrui; sia chiaro dunque che scrivo di cose né viste con i miei occhi, né che mi sono capitate né che ho saputo da altri, ma, insomma, che proprio non esistono e che non potranno esistere mai; per questo i miei lettori non devono credere nemmeno a una parola.

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